Blockchain: tutti ne parlano, pochi la conoscono, pochissimi la usano 1

Blockchain: tutti ne parlano, pochi la conoscono, pochissimi la usano

Una ricerca Digital Transformation Institute e Cmft sugli scenari di business e di consumo rivela che solo l’11% dei consumatori conosce il termine blockchain, l’81% non l’ha mai usata e il 65% delle aziende ne fa un utilizzo nullo o molto basso

Blockchain, vera sconosciuta tra le tecnologie emergenti. Solo l’11% degli intervistati, infatti, dichiara di sapere cosa sia, a fronte di un 19% che ne ha sentito parlare ma non sa di cosa si tratti e un 52% che ammette di non avere mai sentito questa parola. Diversa è la situazione per i social network, ben noti al 69% dei consumatori, intelligenza artificiale (34%), realtà aumentata e virtuale (32%), Big Data (15%) e IoT (14%). Questo uno dei dati emersi dalla ricerca Retail Transformation elaborata dal Digital Transformation Institute e Cmft in collaborazione con Assintel ed Swg.

Il significato di Blockchain

Chiamati a rispondere sul significato di questa tecnologia, gli utenti con le idee più chiare l’hanno definita come “un database distribuito che sfrutta la tecnologia peer-to-peer” o come “un archivio storico aperto che condivide tutte le transazioni ad esempio di bitcoin”. In molti hanno associato la parola a certificazione, sicurezza, criptovaluta e bitcoin.

Quali le esperienze con questa tecnologia?

Come emerso per altre tecnologie che la ricerca è andata a indagare, anche per blockchain, a fronte di una percentuale di utenti che ammette di conoscere il significato della parola, sono ben pochi quelli che hanno effettivamente sperimentato e utilizzato la tecnologia. Ad aver effettuato acquisti con bitcoin e altre criptovalute in modo regolare, per esempio, sono soltanto il 3% degli intervistati, contro un 81% che afferma di non averle mai utilizzate (con uno scoraggiante 15% che si dichiara interessato a farlo). Tra coloro che dichiarano di non aver usato criptovalute, un 30% dichiara di sentirsi a disagio nel farlo per ragioni legate alla immaterialità e volatilità, alla sicurezza e alla complessità d’uso.

Blockchain e disintermediazione

Circa le possibili applicazioni della blockchain, i consumatori giudicano migliore l’intermediazione virtuale piuttosto che umana nell’acquistare un’auto senza dover gestire la burocrazia del passaggio di proprietà (59%), nel garantire l’autenticità di un titolo di studio o di altro documento (57%), nel riconoscere l’identità di una persona o di un’organizzazione (50%) o nel certificare la provenienza di un prodotto alimentare senza la necessità di organismi di verifica e certificazione (45%).

Blockchain in azienda: quale situazione?

Per le imprese la situazione non è molto diversa da quella dei consumatori: le applicazioni relative a blockchain presentano un utilizzo nullo o molto basso per il 65% delle intervistate, mentre sono solo un 13% quelle che ne fanno un uso medio-alto. Non molto diversa la situazione futura, visto che solo il 22% delle imprese s’immagina di usare blockchain, a fronte di un 43% che pensa a un utilizzo nullo o medio basso.

Nei prossimi tre anni la situazione risulta essere non molto molto differente: criptovalute non saranno prese in considerazione dal 54% delle aziende; crowdfunding dal 35%; smart property dal 32%. Una previsione che va oltre i tre anni fa registrare un 27% delle aziende interessate al prediction market, un 22% al crowdfunding, un 19% agli smart contrats e un 16% agli energy markets.

I commenti

I risultati non devono stupire – afferma Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute – in quanto parliamo di una soluzione che, uscendo dal ristretto nucleo di chi a vario titolo se ne occupa, è ancora giovane e ‘lontana’ dai consumatori. Molti ne hanno sentito parlare in relazione ai bitcoin, ma la maggior parte degli utenti internet ne ignora completamente l’esistenza. Se consideriamo che nel caso di sistemi di diffusione molto più larga, come il cloud computing, meno della metà degli utenti ne conosce l’esistenza pur usandoli quotidianamente, non è così strano che pochi sappiano di cosa si tratta. Ciò non necessariamente sarà un limite all’adozione di soluzioni basate su distributed ledger technology, ma è bene che le aziende riescano, a medio termine, ad inquadrarne le reali caratteristiche ed i vantaggi concreti, anche per uscire dal momento attuale di hype, nel quale si propongono soluzioni basate su blochchain anche per fare il caffè”.

La dimensione di consapevolezza delle imprese – continua Mario Sassi, Direttore Generale del CFMT – è centrale per favorire un corretto sviluppo di questa tecnologia. In questo momento le distributed ledger technology stanno vivendo un momento di passaggio da tecnologia di nicchia a soluzione diffusa, ed è di fondamentale importanza che i manager delle aziende, anche delle Piccole e Media Imprese, siano consapevoli delle reali possibilità per comprendere come implementarle nel business”.

In questo contesto, – chiosa Giorgio Rapari, presidente di Assintel – ci sono almeno due elementi che vanno presi in considerazione: da una parte l’azione delle Istituzioni, che devono sostenere il corretto sviluppo di questa tecnologia per consentire al nostro sistema di imprese di mantenere un buon livello di competitività. Dall’altra la capacità delle aziende di Information Technology di veicolare in maniera corretta le opportunità di queste soluzioni verso le aziende clienti: il ruolo degli operatori IT è sempre più importante, in un contesto in cui tali attori stanno diventando da fornitori di soluzioni a partner di servizio. La complessità della tecnologia e dei suoi sviluppi è tale da dare un ruolo di grande responsabilità a chi propone soluzioni digitali, in quanto tali soluzioni hanno un impatto sostanziale sul business”.

Presentazione dei dati di ricerca

Di questi e altri dati se ne converserà in diverse città nelle prossime settimane, alla presenza di esperti e presentando di volta in volta nuovi dati di ricerca. Prossimo appuntamento il 14 novembre a Milano con “Oltre Bitcoin: il cambiamento di paradigma di blockchain e gli impatti sul business”, in replica a Roma il 5 dicembre. DiSocial Internet of Things: la comunicazione digitale nell’era dei Big Data e dell’IoT” si parlerà a Milano il 24 gennaio.

Il campione

L’indagine è stata condotta, tra agosto e settembre 2018, con tecnica Cawi/Cami (Computer Aided Web/Mobile Interview) su un campione nazionale di 1.000 utenti rappresentativo della popolazione italiana per genere, età e zona di residenza. Per le aziende il campione è rappresentato da associate Assintel, associazione nazionale di riferimento delle imprese ICT e digitali di Confcommercio-imprese per l’Italia.

Il Digital Transformation Institute è un centro di ricerca volto allo studio del fenomeno della trasformazione digitale attraverso un approccio di tipo multidimensionale. Rappresenta un punto di incontro tra il mondo universitario della ricerca pubblica e privata, le istituzioni e le aziende per il supporto nella creazione di progetti ed attività di ricerca, per leggere il fenomeno della Digital Transformation e supportarne lo sviluppo. L’istituto è un think tank nel quale studiare le dinamiche e le logiche della digital transformation nei suoi impatti sull’economia, l’organizzazione, la società, le persone. È un hub di competenze provenienti da esperti ed organizzazioni ed ha l’obiettivo di leggere il fenomeno della digital transformation per supportarne lo sviluppo sostenibile, contribuendo alla creazione di una società della conoscenza.

Per ulteriori informazioni:

http://www.digitaltransformationinstitute.it

Massimo Uccelli
Fondatore e admin. Appassionato di comunicazione e brand reputation. Con Consulenze Leali mi occupo dei piccoli e grandi problemi quotidiani delle PMI.

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