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IoT: poco conosciuto, troppo poco sperimentato

La ricerca Retail Transformation 2.0, realizzata da Digital Transformation Institute e CFMT, rileva un grado di confidenza con IoT da parte degli italiani non troppo elevato e un utilizzo concreto che non raggiunge il 50% degli intervistati.

Roma, 16 gennaio 2020. Uomo, giovane, con grado di istruzione elevato, competenze digitali avanzate ed elevata autostima digitale: questo l’identikit dell’utente che afferma di conoscere il termine IoT, Internet delle Cose, per il quale non si registrano variazioni in termini di familiarità rispetto al 2018.

La ricerca Retail Transformation 2.0, realizzata da Digital Transformation Institute e CFMT, che ha indagato anche quest’anno il rapporto delle persone con le tecnologie nel settore retail, mette in evidenza come ancora poche siano le donne a conoscere questo termine (il 29% a fronte del 49% di uomini), le persone con più di 55 anni (33% contro il 49% della fascia 18-34), quelle con grado di istruzione bassa (27% contro un 53% di più istruiti) e gli intervistati con competenze digitali dichiarate basilari (26% a fronte di un 60% avanzate).

Elettrodomestici connessi a Internet e più genericamente “dispositivi che si interfacciano in rete” sono le definizioni più spesso associate al termine IoT da parte dei consumatori, mentre se si va a indagare il reale utilizzo si rileva che, nonostante il dichiarato, non arrivano al 50% le persone che hanno sperimentato un oggetto connesso (smartphone escluso, ovviamente).

I dati ci parlano – commenta Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute – di un’Italia che da una parte è vorace consumatrice di tecnologia, si pensi alla diffusione degli smartphone e dei social media, dall’altra arranca, complice la scarsa consapevolezza diffusa, quando si tratta di andare oltre il “like” su Facebook. Siamo ancora diffidenti rispetto a strumenti invece sempre più diffusi, e non riusciamo ad abbandonare un timore che però fatica a trasformarsi in spinta verso la comprensione di fenomeni che stanno cambiando la nostra vita”.

IoT, dove è impiegato?

Ad aver sperimentato una interazione smartphone-TV in modo regolare sono soltanto il 14% degli intervistati, con un 42% che dice di aver provato (un 7% in più rispetto al 2018). Sono un 44%, invece, quelli che non hanno mai sperimentato la cosa, in calo del 10% rispetto allo scorso anno.

Se si guarda alla sharing mobility e alla possibilità di accedervi da smartphone, appena il 6% degli italiani dice di usare il proprio telefono per condividere un mezzo di trasporto con regolarità, mentre un 29% lo ha solo provato (in aumento dell’8% dall’anno scorso). Un 65%, in calo rispetto allo scorso anno, invece, la percentuale di quelli che non hanno mai provato, sebbene un 36% si dica interessato.

Nonostante gli intervistati associno a IoT il termine elettrodomestico, a fruire regolarmente di oggetti di domotica sono l’11%, a cui si somma un 31% che dichiara di aver provato (in aumento del 7% rispetto al 2018). Tra gli “sperimentatori” il 44% dice di sentirsi completamente a proprio agio, mentre un 12% non è soddisfatto. A non aver provato nessun apparecchio di casa connesso a Internet il 58% degli italiani, nonostante la quasi totalità (il 56%) si dichiari interessato. A frenare i consumatori in questo, come in altri casi, le difficoltà di utilizzo e la paura. Paura per la sicurezza domestica o per il fatto che gli elettrodomestici si attivino da soli mentre si è fuori casa.

Se si guarda a un’altra possibile e interessante applicazione, come il mobile contactless, anche in questo si registrano numeri bassi: un 13% degli utenti dice di usarlo regolarmente, un 31% lo ha sperimentato e un 56% (in calo del 5% rispetto al 2018) non lo ha mai provato.

Nemmeno la fruizione culturale da smartphone risulta, secondo la ricerca, così praticata: solo un 6% degli italiani usa il telefono regolarmente per fare questo; un 42% afferma di aver provato e un 52%, ovvero più della metà, non si è mai avventurato in questa cosa, benché interessato (48%).

Il Digital Transformation Institute è un centro di ricerca volto allo studio del fenomeno della trasformazione digitale attraverso un approccio di tipo multidimensionale. Rappresenta un punto di incontro tra il mondo universitario della ricerca pubblica e privata, le istituzioni e le aziende per il supporto nella creazione di progetti ed attività di ricerca, per leggere il fenomeno della Digital Transformation e supportarne lo sviluppo. L’istituto è un think tank nel quale studiare le dinamiche e le logiche della digital transformation nei suoi impatti sull’economia, l’organizzazione, la società, le persone. È un hub di competenze provenienti da esperti ed organizzazioni ed ha l’obiettivo di leggere il fenomeno della digital transformation per supportarne lo sviluppo sostenibile, contribuendo alla creazione di una società della conoscenza. Sostenibilità, comunicazione e
dialogo sono le parole d’ordine del Digital Transformation Institute per supportare la trasformazione digitale del Paese. La trasformazione digitale sviluppa un cambiamento su persone, ambiente, società, cultura, economia.

Contribuire alla definizione della direzione di tale cambiamento è, dunque, una responsabilità comune. CFMT – Centro di formazione e management del terziario – si occupa dei dirigenti e delle aziende del Terziario e lo fa da oltre venti anni. È nato da un’intuizione di Confcommercio e Manageritalia per affermarsi come il centro di formazione di alto livello pensato per guardare al futuro.

La rete di CFMT si compone di 8200 aziende e 23.000 dirigenti. La Scuola Di management di CFMT organizza attività formative interaziendali, ma nell’offerta complessiva c’è molto altro: percorsi di eccellenza per neo dirigenti e top manager, eventi in tutti i settori del sapere e dell’innovazione, progetti su misura per le aziende. E poi c’è T-Lab una fabbrica di idee che studia, ricerca e promuove l’innovazione nel mondo del Terziario.
Per ulteriori informazioni:

https://www.digitaltransformationinstitute.it

Massimo Uccelli
Fondatore e admin. Appassionato di comunicazione e brand reputation. Con Consulenze Leali mi occupo dei piccoli e grandi problemi quotidiani delle PMI.

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